Repubblica 17 set. ’13 

Un naso elettronico è riuscito a scoprire un tumore al polmone con un margine di errore bassissimo, pari a quello di strumenti diagnostici ben più sofisticati e costosi. Tempo necessario, l’attimo in cui il paziente soffia nella macchina. Quattro ricerche, condotte dall'università della Lettonia, sono state presentate al recente congresso dell'European Respiratory Society a Barcellona (Ers). «Sono risultati che riportano diagnosi di elevatissima sensibilità - commenta il “pioniere” del naso elettronico, il fisico dell’università di Tor Vergata Arnaldo D’Amico - accorgersi presto di tumori in fase iniziale vuol dire salvare vite umane e ciò spiega l’intensificarsi delle ricerche in questocampo».

Nei quattro studi il naso elettronico ha analizzato il respiro di pazienti con diagnosi di tumore al polmone e altre patologie respiratorie (bronchiti, polmoniti, ecc) e individui sani, sia fumatori che non fumatori, per complessivi 425 soggetti (il dettaglio dei risultati nell’illustrazione qui sotto). È la casistica più ampia sinora indagata con questo strumento.

Il funzionamento del naso elettronico si basa su quello messo a punto dall’evoluzione nei mammiferi e che, grazie ai progressi delle conoscenze biologiche, è possibile “copiare” sempre più fedelmente. Noi riconosciamo un odore perché contiene alcune molecole, ognuna in certe quantità. «Il termine “impronta olfattiva” - dice D’Amico aiuta a spiegare il funzionamento del nostro naso e poi di quello elettronico. Si basa sulla capacità di riconoscere,non la struttura chimica delle molecole, ma le loro forme diverse. Sulla parete interna del naso affiorano tantissimi recettori, anch’essi con forme diverse. Quando forma della molecola e del recettore coincidono, si “incastrano” e partono impulsi nervosi, in quantità proporzionale a quella della molecola. Lo stesso avviene per le decine o centinaia di molecole diverse diffuse nell’aria da un liquido, un alimento e così via. Il cervello memorizza i tipi di recettori attivati e l’intensità degli impulsi che hanno emesso. È l’ “impronta olfattiva” di ciò che la persona sta annusando. Quando si ripresenta, il cervello ricorda ciò che la generò. Lo stesso fa il naso elettronico: i suoi sensori rilevano le diverse molecole presenti e le loro quantità, che il computer visualizza in raggruppamenti di punti diversi, l’impronta olfattiva caratteristica».

Il naso del vivente, anche quello più sensibile del cane, ha un limite: rileva solo le molecole per cui ha sviluppato un recettore corrispondente. Invece i sensori elettronici individuano tutte le diverse molecole possibili, anche quelle per cui il naso non ha recettori. Una capacità che ne potenzia in modo enorme la possibilità di analisi.

Naso naturale e artificiale, però, condividono un limite: devono essere “addestrati”. Come i cani usati con successo sul tumore al polmone, anche il naso elettronico deve prima annusare il respiro emesso da malati e da sani per apprendere le diverse impronte olfattive. Poi le può distinguere.

E la necessità di una fase preliminare di addestramento di ogni naso elettronico, come precisato dallo stesso coordinatore delle ricerche, Maris Bukovskis dell’università della Lettonia, «è il limite principale di questa tecnologia, ora che ne è dimostrata l’affidabilità. In pratica, ogni centro diagnostico deve mettere a punto il suo naso elettronico».

Aggiunge D’Amico: «Il naso elettronico ha i requisiti per diventare in pochi anni uno strumento di “screening di primo impatto”, che seleziona in modo economico e rapidissimo soggetti da avviare a ulteriori indagini di conferma. Ne frenano la diffusione anche l’alta specializzazione necessaria a metterlo a punto, rara anche tra medici molto preparati. Infine, servirebbe l’individuazione di marker, molecole la cui presenza nel respiro risulti caratteristica delle diverse patologie, soprattutto del tumore al polmone, per superare tutti i limiti sin qui esposti e mettere a punto uno strumento diagnostico pronto all’uso e in ogni centro. Università di Tor Vergata e Campus Biomedico a Roma sono, da tempo, in posizioni ottime se non di eccellenza in questo settore della ricerca».

 

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