Tra le cause prevenibili della perdita di udito, il rumore è al primo posto. Può trattarsi di un’unica esposizione a un rumore superiore alla soglia di sopportabilità delle strutture anatomiche destinate alla percezione uditiva, come ad esempio uno scoppio; in altri casi la causa è un’esposizione continua a livelli di rumore superiore ai 75-85 decibel. Il risultato è comunque la diminuzione o la perdita dell’udito.
Secondo la ricerca pubblicata su The Lancet , il danno anatomo-fisiologico che sottostà alla perdita di udito in conseguenza del rumore è la morte delle cellule sensitive auditive situate all’interno della coclea, la piccola struttura a forma di chiocciola che si trova nell’orecchio interno.
In ogni nazione ci sono norme di esposizione da seguire negli ambienti lavorativi più rumorosi, con un limite attorno agli 85-90 decibel, oltre il quale il lavoratore deve proteggersi. Dice il professor Giovanni Mosconi: «La legge di riferimento è il DLgs 81/08 e successive modifiche Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro. Il rumore è uno dei rischi meglio affrontati e la norma ne definisce i valori limite di esposizione professionale, le modalità di misura e valutazione del rischio, le misure di prevenzione e protezione ambientale da adottare, l’uso dei dispositivi personali di protezione, la formazione e l’informazione da dare a lavoratori e le modalità di sorveglianza sanitaria in carico al medico del lavoro. In sintesi si può dire che il tema è trattato in modo soddisfacente e completo nella normativa italiana».
In costante aumento è però anche il frastuono associato alle attività di svago. È stato calcolato che a partire dagli anni Ottanta a oggi chi si diverte lo fa esponendosi a livelli di rumore almeno triplicati. Una specifica ricerca realizzata in Inghilterra nell’area di Nottingham ha consentito di scoprire che due terzi dei ragazzi che frequentavano locali notturni o concerti avevano avuto perdite temporanee di udito o avevano sperimentato forme di tinnitus , la percezione di rumore, ad esempio fischi, anche in assenza di reali stimoli sonori. I ricercatori adesso stanno cercando di capire quali potranno essere le conseguenze a distanza di tempo di questi fenomeni, ad esempio se il loro accumularsi potrà portare a una generazione di adulti con difetti di udito. Si sa infatti che comunque esiste già una normale relazione diretta tra la comparsa di questo tipo di difetti e l’avanzare dell’età. Anche l’uso di alcol e tabacco facilita la perdita di udito, così come una condizione di iperglicemia, quindi è già comunque possibile tentare di intervenire su più fattori di rischio.
D. d. D.
Corriere della Sera 20 Apr. ’14